Honeymoon

Giappone, 2021, 29′

Yu Araki

Taro Nettleton, Qinhua Yang, Jack McLean

Una casa tradizionale giapponese, filmata in inquadrature frontali, nello stile di Ozu. Come colonna sonora, gli archivi dell’allunaggio dell’Apollo 11. Un commentatore giapponese subentra e annuncia il programma imminente: il commento in tempo reale a due persone di una cerimonia nuziale sulla base lunare di Nagasaki. Perché Nagasaki? Perché Puccini vi ha ambientato il matrimonio dell’ufficiale americano Pinkerton e della geisha Cio-Cio nel primo atto di Madama Butterfly, e perché HONEYMOON è una variazione esuberante ed esplosiva di quest’opera. Perché la luna? Perché questa bomba filmica è letteralmente fantascientifica, e perché la distanza spazio-temporale affina l’occhio per l’esperienza a venire. Attraverso un’analisi della cerimonia come tableau vivant, l’esperienza consiste in una decostruzione tanto intellettuale quanto folle del “giapponismo”, vale a dire il fascino dell’Europa del XIX e dell’inizio del XX secolo per il Giappone. Yu Araki sostituisce il marito e l’officiante originale di Puccini con due personaggi storici nippofili: l’eccentrico fotografo Adolf de Meyer e l’antropologo americano Frederick Starr. Etnologia, etimologia, storia, onomastica: man mano che le persone nella sala di controllo della tv spiegano nei dettagli il tableau vivant, il commento dialogato si trasforma in frenesia enciclopedica, filo esegetico. Il nucleo di questa esperienza decostruttivista è la seiza, cioè il modo formale di inginocchiarsi a terra, una posizione obbligatoria anche se un po’ scomoda nelle cerimonie. Quando i personaggi finalmente si alzano, la loro camminata irrigidita ricorda quella degli astronauti esploratori dell’Apollo 11. Il film finisce con questa idea geniale, questo finale a gravità zero per un film che unisce l’invenzione del burlesque minimalista alla più generosa condivisione di intelligenza e conoscenza. (Cyril Neyrat)

Yu ARAKI (1985, Giappone) ha conseguito il suo Bachelor of Fine Arts in Scultura alla Washington University di St. Louis e ha completato il suo Master of Film and New Media Studies alla Tokyo University of the Arts nel 2007. Ha incontrato Daniel Jacoby nel 2010 durante una residenza al Tokyo Wonder Site. Entrambi i loro lavori sono stati fortemente influenzati dai rispettivi viaggi. La narrativa è spesso usata da loro come strumento per comprendere le sconcertanti differenze culturali e socio-politiche tra le varie parti del mondo. Il loro primo film realizzato come duo è stato Mountain Plain Mountain (2018). Il film ha vinto l’Ammodo Tiger Short Film Award. Nel 2019 è stato inserito nella shortlist del Future Generation Art Prize.